INTERVISTA AL CORRIERE ADRIATICO – CARLONI: “SIAMO AL FIANCO DI CHI PROTESTA”

INTERVISTA AL CORRIERE ADRIATICO – CARLONI: “SIAMO AL FIANCO DI CHI PROTESTA”

«L’ideologia pseudo-green toglie terra e riduce i sussidi»
L’onorevole Carloni (Lega): «Siamo al fianco di chi protesta»

Vale il binomio, per Mirco Carloni: «Capisco la protesta dei trattori, perché questa Europa deve cambiare». Il deputa to della Lega, e presidente della commissione Agricoltura, è drastico nella sintesi: «Gli obiettivi di transizione ecologica hanno avuto una deriva ideologica». La protesta degli agricoltori in
fiamma le strade di Bruxelles. Uno striscione intima: “Stop alle follie della Ue”.

Quali sono secondo lei?
«I disastri del pensiero pseudo-green di Bruxelles contro il lavoro e i produttori sono sotto gli occhi di tutti. La presidente della Commissione europea Von Der Leyen e i suoi amici stanno facendo diminuire la produzione e le terre colti vate in cambio di sussidi sempre più bassi. Sono innumerevoli le euro-follie che rischiano di tagliare del 30% la produzione di cibo Made in Italy».


Dai terreni a riposo all’Irpef, fissi una priorità assoluta tra le richieste avanzate dai coltivatori.
«Per la Lega va data massima priorità all’incremento dei fondi Pac, la Politica agricola comune, per assicurare l’autonomia alimentare dei cittadini europei e facilitare il ricambio generazionale. L’Unione europea deve smettere di favorire
l’ingresso di prodotti da paesi terzi, senza alcuna reciprocità. Come
chiede la Coldiretti, bisogna favorire mercati equi e trasparenti, incen-
tivando gli accordi di filiera e contrastando le pratiche sleali. Tuttavia non è sufficiente».


Prosegua pure.
«Ogni Paese deve, al proprio interno, normarsi per abbassare il livel-
lo di burocrazia scaricato sulle imprese agricole. L’Italia sta svolgen-
do in Europa un ruolo da capofila su argomenti di cui si stanno ren-
dendo conto anche altre nazioni, come la Francia. La nostra politica
ci sta lavorando».

Da Roma cercano di riproporre il“reddito agrario”, in pratica una tassazione sul terreno. La Cia si affida all’effetto-paradosso: è co me se si mettesse un’imposta sul tornio del tornitore, o sul mare del pescatore. È d’accordo con la
comparazione?

«Certo. Non crediamo che il Paese possa crescere con politiche assi-
stenzialiste, che mortificano l’iniziativa privata. Anzi, va incentivato
il reddito d’impresa con iniziative come la nostra proposta di legge,
che è stata approvata alla Camera, per aiutare i giovani nell’accesso al
credito, e l’altra, sempre targata Lega, per i giusti prezzi dei prodotti
agricoli. Vanno difese le filiere di qualità dalla concorrenza estera
sleale, come quella generata usando fitofarmaci, da noi vietati e permessi invece sui mercati stranieri».


Il premier belga Alexander De Croo afferma: “La transizione climatica è una priorità chiave per le nostre società e dobbiamo fare in modo che i nostri agricoltori siano dei partner in questo percorso”. Come controbatte?
«Non c’è nulla da ribattere, bisogna solo agire con buonsenso. La Ue si è
data obiettivi di transizione ecologica che, torno a dire, hanno avuto
una deriva ideologica che ha poco a che fare con l’ambiente e molto con
la burocrazia».

La dottrina green, secondo lei, fa diminuire la produzione e le terre coltivate. Ma il pianeta soffre.
Dov’è il punto di equilibrio?

«Ribadisco: agire con buonsenso. La Lega lo dice chiaramente. Se si
mette come vincolo il trattore elettrico, che viene prodotto solo in Ci-
na, l’Europa non migliora l’ecosistema, fa arricchire chi non rispet-
ta regole ambientali e diritti umani».


L’arrivo sul piatto degli insetti, le etichette allarmistiche sulle bot-
tiglie di vino, la possibilità di importare grano dal Canada, dove si
coltiva con l’uso di glifosato secondo modalità da noi vietate. La
produzione di cibo Made in Italy rischia l’estinzione?

«Come dice anche il nostro segretario Matteo Salvini, queste sono de-
cisioni lontane dalla realtà. Vorrebbero farci mangiare la farina di gril-
li, vorrebbero farci credere che una sana dieta mediterranea non sia
giusta, che il Prosek croato sia equiparabile al nostro Prosecco della
zona del Valdobbiadene. No, mispiace, non ci convinceranno mai e
capiamo la protesta dei trattori, perché, insisto, questa Europa deve
cambiare»